30 giugno 2009

A proposito di Madoff

Premesso che non ho seguito nel dettaglio la vicenda del processo Madoff, ma solo superficialmente, devo dire che mi lascia un po' perplesso, come spesso in questi casi, un risultato che vede da una parte punito (giustamente!) chi ha fatto il "buco", ma dall'altra sostanzialmente non toccato il mondo delle banche e della finanza. Nel caso del crack Madoff si parla di una vera e propria montagna di soldi, oltre 50 miliardi di dollari, per una truffa che andava avanti da vent'anni. La domanda, la stessa appunto che si fa sempre in casi simili, come si usa dire nasce spontanea: possibile che uno, per quanto molto introdotto, possa far girare somme ciclopiche per anni e anni senza complicità nel sistema o senza almeno che qualcuno si accorga di cosa sta succedendo? Seppur si trattasse di una vicenda tecnicamente molto diversa, a me è tornata in mente la storia del buco di Societé Generale di più o meno due anni fa. Ve la ricordate? Venne fuori una voragine mostruosa nei conti, una marea di denaro sparita, e si disse che tutto era stato combinato da un trader junior della banca, un trentenne con pochi anni di servizio, senza che nessuno in SocGen si accorgesse di nulla fino al gran botto finale. Comunque, tornando a Madoff, giusto che paghi. Se ci sono complicità che non sono venute fuori, solo lui poteva svelarle e nel caso non lo ha fatto. Dunque, eventualmente paghi pure per quelli che può aver coperto. Un'ultima cosa: naturalmente, e anche in questo caso ritornano alla memoria tanti altri crack, i soldi si sono volatilizzati. Non è stato recuperato quasi nulla. Ricapitolando, sistema bancario e finanziario sostanzialmente solo sfiorato, passa la teoria del nessuno si era accorto di nulla, soldi spariti e destinati a non venire più fuori. Viene da dire che cambiano le situazioni e i valori, ma lo "schema" sembra restare sempre il medesimo. Uno schema che abbiamo visto più volte anche qui in Italia...

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29 giugno 2009

La banda del bond

Partiamo dal fatto. Il 4 giugno scorso la Guardia di Finanza ferma alla frontiera con la Svizzera due giapponesi che da Milano in treno vanno a Chiasso. Portano una voluminosa valigia. I finanzieri pensano evidentemente che possa essere piena di soldi. Ma, quando la aprono, ecco la clamorosa sorpresa: bond in valuta americana per 134 miliardi di dollari! Sì, proprio così, 134 miliardi di dollari, in pratica l'1% dell'intero Pil degli Stati Uniti d'America. Una cifra enorme, che usata tutta insieme può bastare per muovere i mercati mondiali, in una valigia in mano a due cittadini nipponici in viaggio tra Italia e Confederazione Elvetica. Tanto basta per scatenare un vero e proprio giallo finanziario internazionale. Che infatti è già partito su internet. Da una parte chi già ipotizza oscuri complotti mondiali (piani vari per far cadere il sistema finanziario statunitense...), dall'altra chi pensa più semplicemente che i bond possano essere falsi. Una truffa, insomma. Personalmente, stando almeno a quel poco che ho letto in giro, istintivamente oggi propenderei per la seconda ipotesi. Considerando ad esempio che, se è vero quello che appunto si può leggere sulla vicenda, nella valigia dei giapponesi tra i vari titoli, titoli al portatore, ce ne sarebbero stati in particolare 10 da un miliardo di dollari ognuno. Detto che per comprensibili ragioni non ho assolutamente dimestichezza con bond di taglio "extralarge", questi francamente mi sembrano davvero esagerati. Prima di partire per la tangente con dietrologia e complottismo almeno per il momento ci andrei coi piedi di piombo. Più che del grande intrigo per colpire Wall Street questa potrebbe confermarsi la storia di una grande banda del buco...

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26 giugno 2009

Crisona o crisina?

"La crisi è una crisona": così ha detto oggi Romano Prodi, come riportato dalle agenzie di stampa. Beh, meno male che è "resuscitato" (non era andato pure lui in Africa?) per farci questa preziosa rivelazione da super economista, caso mai da soli non ce ne fossimo accorti che quella di questi mesi non è una "crisina". Il fatto che sono crollate le Borse di tutto il mondo, che colossi finanziari come Lehman Brothers sono falliti, che l'economia planetaria ha iniziato ad arrancare, che in tutte le nazioni del globo si è cominciato a parlare della urgenza di aiuti di Stato per evitare il peggio e che un sacco di gente ha temuto un nuovo '29 ci ha per la verità già fatto venire il dubbio che forse appunto non trattavasi di crisetta da quattro soldi, ma, per carità, meno male che ora lui ci ha "illuminato", con acuta e mirata terminologia da professore di economia. Crisona, crisina, crisetta? Ma dov'è che si quantifica la portata di una crisi economica in questo modo? Non so, forse al corso di macroeconomia dell'università dei Puffi...

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22 giugno 2009

Fiat dice (e non dice)

Continuano gli scioperi nello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Tramite i rappresentanti sindacali gli operai chiedono "risposte concrete". Proprio così dicono, "risposte concrete". E in effetti il tanto glorificato super manager col maglioncino blu Sergio Marchionne non è che è stato molto concreto sul futuro di Termini. Anzi, non lo è stato proprio per niente. Da Torino la scorsa settimana hanno annunciato che dal 2011 lo stabilimento non farà più automobili, ma "altre produzioni". Sì, ok, ma che vuol dire "altre produzioni"? Cosa uscirà da Termini? Detta così, potrebbe essere qualunque cosa: aspirapolveri, scolapasta, ombrelli, macinini per il caffè... Qualcuno dice: beh, ovvio, sarà componentistica per auto. Bene, ma se è ovvio, allora l'uomo col maglioncino blu perchè non lo dice? Non è difficile da pronunciare: "componentistica per auto". Se è così, perchè non dirlo, perchè restare nel vago? Fiat può decidere ciò che vuole, le strategie sono giustamente di competenza dell'azienda, però credo sia giusto far sapere ai lavoratori e magari pure agli azionisti cosa si intende fare di Termini. E dire che lì sarà fatto "altro", beh francamente mi sembra davvero molto vago, troppo vago.

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17 giugno 2009

Iran, il "tabù aziende"

I grandi giornali nostrani dedicano (giustamente) pagine e pagine a quello che sta succedendo in Iran. E sostanzialmente ci raccontano quanto è "brutto e cattivo" Ahmadinejad. Giusto. Perchè però allora in tutto questo gigantesco fiume di parole nemmeno qualche riga per fare l'elenchino delle aziende italiane che con il regime del "brutto e cattivo" Ahmadinejad hanno continuato in questi anni a fare affari?

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Tagli 2.0

I tagli (del personale) così tanto in voga in questi tempi di "crisi globale" non risparmiano nemmeno il settore del cosiddetto web 2.0 e all'interno di questo neppure quelle realtà già passate sotto il controllo di grandi gruppi media. Si parla ora proprio in questo senso di MySpace (da tempo ormai acquisito dalla News Corporation di Rupert Murdoch), che ha appena fatto sapere che intende ridurre del 30% la propria forza lavoro, ovviamente per abbattere i costi fissi. Alla fine, dopo questa operazione, MySpace resterà con circa mille dipendenti (che di certo comunque non sono pochi...) a cercare di fronteggiare la ormai dilagante concorrenza di Facebook e pure quella crescente di Twitter.

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15 giugno 2009

Confindustria no limits

Dunque, se Gheddafi va in Parlamento è uno scandalo nazionale, se invece viene ricevuto in pompa magna dalla Confindustria nessun problema, va tutto bene. C'è qualcosa che non torna. Certo, si potrebbe dire che il Parlamento è cosa di tutti, è cosa pubblica, mentre la Confindustria è cosa privata, con gli imprenditori che possono fare quello che vogliono a casa loro. Giusto, peccato solo che in questi ultimi mesi di crisi globale, proprio in casa confindustriale si è chiesto l'intervento pubblico. E, allora, vien da dire che non è che si può essere "privati" o "pubblici" sempre a seconda delle proprie convenienze. Quando fa comodo si è ultraliberisti e si incassano gli utili, viceversa, quando le cose vanno male, si diventa di colpo statalisti e si tende a "scaricare" le perdite. Delle due l'una. E non è certo una questione nuova portata da questa crisi (come in un certo senso invece negli Usa), è una vita che in Italia funziona così. O la grande industria nostrana (perchè di questo parliamo, non delle piccole e medie imprese) è davvero privata e allora niente da dire, oppure se continua nel momento del bisogno a ricorrere in varie forme all'aiuto statale, beh allora, visto che si parla di soldi pubblici, di soldi di tutti noi, allora tutti abbiamo in qualche modo diritto a dire la nostra anche su chi Confindustria riceve. Personalmente non ritengo sia uno scandalo nazionale se Gheddafi viene ricevuto in Italia, però se si decide che così è, allora lo è ugualmente se lo stesso Gheddafi è ricevuto da Confindustria.

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10 giugno 2009

Questione di fonti

Ieri l'agenzia di stampa Ansa ha battuto la notizia del video caricato su YouTube in cui si vede il numero uno di Unicredit Alessandro Profumo ballare allegramente in discoteca e oggi di conseguenza la curiosità è riportata da diversi giornali nostrani. Visto sulle agenzie, "copiato e incollato" sul giornale: un classico di come viene confezionata in larga parte la blasonata stampa. Ma il punto è un altro: vorrei semplicemente e umilmente far notare che su questo blog ad esempio del video "ballerino" di Profumo non si è parlato ieri, ma bensì mesi e mesi fa, lo scorso 24 novembre per l'esattezza (cliccare qui per ripescare il relativo post in archivio). Cari giornalisti, già che fate spesso solo il "copia e incolla" (come in questo caso appunto), forse vi converrebbe almeno allargare un po' le fonti ;-)

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05 giugno 2009

Imbarazzo della scelta...

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03 giugno 2009

Opel, giornali italiani ko

Curioso, no? Mi riferisco al caso Opel. Alla fine, senza per la verità nemmeno troppo partita, hanno prevalso quelli di Magna. Eppure se leggevi i giornali nostrani nelle scorse settimane sembrava che tutti fossero schierati a favore di Fiat. La Merkel? Con Fiat. Obama (chiamato in causa visto che Opel era di General Motors)? Con Fiat. Gm? Con Fiat. Opel stessa? Con Fiat. Sì c'erano pure "questi di Magna" a intralciare la gloriosa marcia dell'uomo dal maglioncino blu, però per la Fiat reduce dal "tour" in terra americana la strada sembrava sostanzialmente tutta in discesa. Così almeno secondo i nostri giornali che infatti si erano già "portati avanti" con paginate e paginate sulla futura gloria del superpolo globale dell'auto Fiat-centrico. Ma d'altronde si sa, quando si parla del Lingotto, diverse blasonate testate italiche tendono a perdere un po' in lucidità in favore dell'agiografia. Peccato che il potere di fascino che la real casa torinese riesce sempre ad esercitare sui giornaloni del Belpaese non abbia funzionato allo stesso modo nei confronti di Opel ;-)

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