27 agosto 2009

Fuorimercato su Economy

C'è anche questo blog, Fuorimercato, tra quelli che in un articolo uscito oggi su Economy, settimanale economico di Mondadori, sono indicati come "i preferiti dai trader". Gli altri sono l'Angolo del Volpino, Geronimo Scalper, Rumors & Risparmio, L'Imprenditore, Finanza e Politica (i link li trovate qui a fianco nel blogroll): tutti siti di blogger amici per cui la cosa mi fa ancora più piacere! Scrivo questo post per ringraziare la giornalista che ha scritto il pezzo, dal titolo "Il blogger vede Toro" (a pagina 44), Roberta Caffaratti, che ancora una volta dimostra di avere grande attenzione proprio nei confronti della blogosfera economico-finanziaria (aveva già scritto un pezzo tempo fa). Infine, rispetto al mio intervento solo due piccole precisazioni/correzioni, lo dico per chi ha letto l'articolo: tra i settori preferiti ci sono gli industriali, in realtà io avevo parlato in questo senso solo di alcune realtà di nicchia (in generale il comparto non mi piace) e per quanto riguarda il timing d'entrata intendevo prima dell'indicato novembre. Comunque, piccole incomprensioni a parte, ringrazio ancora Economy e consiglio a tutti di correre in edicola per leggere le due pagine intere (!) della brava Roberta Caffaratti.

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26 agosto 2009

Fiducia nel Toro

Fatta la solita (doverosa) premessa – ovvero: non sono un "guru di Borsa" o roba simile ma solo un semplice blogger che semplicemente esterna le proprie sensazioni (non "previsioni scientifiche") – in questo clima da fine estate ecco il mio "sentiment", a pelle, per la "stagione autunno-inverno": secondo me ora davanti ci possono essere ancora settimane altalenanti da "trading range", ma poi ci può stare tutta una nuova bella fase rialzista che porti dritto dritto fino a Natale (e pure inizio 2010). Insomma, spazio potenziale per un rally azionario, accompagnato in parallelo da un riscaldamento sul fronte delle quotazioni del petrolio. Dunque, "sentiment" positivo.

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25 agosto 2009

Alla faccia del "change", Obama riconferma Bernanke alla Fed

In un post del gennaio scorso scrivevo: "(...) Obama non mi è mai piaciuto perché fin dal primo minuto mi è sembrato tutta forma e niente sostanza. Una bella immagine costruita a tavolino e dietro poco o nulla di concreto. Un'abile operazione di marketing politico e stop. Insomma, come si dice, tanto fumo e poco arrosto. (...) Tutto quel coraggio da leone ostentato in campagna elettorale a suon di "change!" ha lasciato il posto a una super diplomatica prudenza che fa tornare alla mente i nostri vecchi politici democristiani. (...)". Oggi Barack Obama si prepara a riconfermare ufficialmente Ben Bernanke alla guida della Fed. Bernanke fu piazzato al timone della Federal Reserve da Bush nel 2005 e ora ha il mandato in scadenza. Tecnicamente quindi potrebbe essere insomma mandato a casa senza problemi e invece il buon Barack ha deciso di lasciarlo sulla sua potente poltrona, come già fatto peraltro in questi mesi con altri uomini di quel "sistema Bush" che in campagna elettorale Obama aveva promesso di rivoluzionare a suon di "change". Già, il "change", che fine ha fatto quel "change" ripetuto all'infinito ed eletto a bandiera di un nuovo corso? Semplicemente andava bene per convincere milioni di "sempliciotti" a votare l'Uomo della Provvidenza contro i notabili della vecchia politica, ora che Barack sta alla Casa Bianca, del change non c'è più bisogno e anche i notabili del "sistema Bush" tutto sommato non sono poi così male e incassano riconferme. Obama il democristiano, come dicevo appunto nel post del gennaio scorso.

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18 agosto 2009

La spada di Damocle made in China

A proposito di crisi dei mercati azionari, l'anno scorso scrivevo: "(...) Ora stiamo tutti in ansia per Wall Street, che soffrirà ancora ma se la caverà pure stavolta, mentre il vero crack di sistema, se mai ci sarà, verrà proprio secondo me da Shangai, non da New York". Come abbiamo visto, contrariamente alle apocalittiche previsioni dei tanti "esperti" che solo qualche mese fa profetizzavano un definitivo tracollo tipo grande crack del 1929, il sistema alla fine ha retto. Wall Street non è sprofondata come nel '29 e anzi con la primavera è arrivato un rimbalzo che tra alti e bassi è durato sostanzialmente fino ad oggi, mettendo a segno un complessivo rialzo davvero corposo. A sprofondare ancora una volta sono stati solo tanti sedicenti e spocchiosi "esperti". Oggi, dopo tanti rialzi, c'è spazio per una correzione in senso negativo, per poi secondo me (lo ripeto per l'ennesima volta: solo sensazioni di uno qualunque le mie, non sono un "guru"!) poter nuovamente ripartire al rialzo. Ma non è di questo che voglio parlare ora. Voglio tornare sul tema Cina, con cui infatti ho iniziato questo post. Come detto, da tempo penso e scrivo qui sul blog che il "Big One" dei mercati (per dirla usando il termine con cui in California si descrive il "super terremoto" che prima poi è destinato ad arrivare proprio in quello Stato degli Usa) quando mai ci sarà arriverà dalla Cina. Perchè lì c'è (come appunto scrivevo, vedi post già linkato sopra) un sistema ormai tanto gonfiato quanto pieno di enormi bluff nascosti, a partire dai conti del comparto bancario che tutto regge con i suoi finanziamenti. Quando ho scritto queste cose ho ricevuto anche parecchie (legittime) critiche: sono molti quelli che vedono ormai la Cina come una macchina invulnerabile destinata a conquistare il mondo e gli Usa invece come una sorta di Titanic pronto ad affondare una volta per sempre. Per tutto questo lasciatemi dire che oggi registro con grande piacere che anche il Sole24Ore comincia a dare grande evidenza al rischio Cina, parlando della Borsa di Shangai come un "gigantesco schema Ponzi" (lo schema Ponzi è quello della super truffa Madoff, per intenderci). La bolla cinese è una colossale spada di Damocle sui mercati azionari mondiali. E' appunto come il Big One californiano: non si sa quando arriverà, ma si sa che arriverà. Si vive e si va avanti sapendo di questo colossale rischio. Ci si convive insomma. Come oggi di fatto i mercati convivono con il "bluff Shangai". Tanti sanno, ma fa comodo chiudere gli occhi...

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17 agosto 2009

Quelli che si "indignano" a comando

Tutto (penosamente) come previsto. Dopo la bomba del Tg5, quella sull'inchiesta sui quasi due miliardi di euro che quel gran signore dell'avvocato Gianni Agnelli avrebbe a suo tempo imboscato in Svizzera occultandoli al Fisco italiano, i giorni sono passati ma i nostri intrepidi grandi giornali italiani, quelli della "crociata moralizzatrice" contro Berlusconi, quelli che si "indignarono" per il bacio tra Fazio e Fiorani, quelli che si scagliarono contro il furbetto del quartierino Ricucci (ma solo dopo che si capì che la scalata al Corriere non sarebbe andata avanti...), stavolta, guarda caso, hanno preferito la linea della cautela e del basso profilo. Se ci sono di mezzo gli Agnelli, anche se si parla di una presunta truffa ai danni dello Stato italiano che avrebbe dimensioni ciclopiche, loro non lanciano crociate morali. Dopo le ormai celeberrime dieci domande a Berlusconi sul caso Noemi, stavolta Repubblica non ha altrettanti interrogativi pronti per la famiglia Agnelli. Che pena. Sono questi i "moralizzatori d'Italia"? Già, proprio dei bei moralizzatori: a comando. Se ci sono di mezzo avversari politici o poteri forti lontani dai propri gruppi editoriali allora ringhiano e mordono, in caso contrario se ne stanno belli e tranquilli a cuccia. Ha già ben descritto la desolante situazione Peppino Caldarola sul Riformista con il suo articolo titolato "E le dieci domande agli Agnelli?", articolo che ripropongo qui di seguito proprio perché lo trovo semplicemente perfetto.

E le dieci domande agli Agnelli?
Peppino Caldarola, Il Riformista
L'eventuale frode fiscale di Gianni Agnelli non ha indignato nessuno. Giuseppe D'Avanzo non si è scandalizzato. Ezio Mauro non ha dieci domande da fare agli eredi del maggior casato imprenditoriale d'Italia. Gad Lerner non ha tuonato sui vizi di un grande imprenditore. Stampa e Corriere hanno taciuto e messo a riposo i loro commentatori. Avranno pensato che finché non c'è la prova certa della colpevolezza, il defunto Avvocato è innocente. Peccato che per altri eventi giudiziari non hanno mostrato lo stesso rispetto del garantismo. Siamo di fronte a un grande scandalo del sistema informativo italiano. I nostri colleghi scelgono gli imputati o gli imputabili. Se appartengono alla loro stessa parte politica o sono nei consigli di amministrazione delle loro case editrici preferiscono sorvolare. Gli altri, politici compresi, vanno invece additati al ludibrio della pubblica opinione. Vi ricordate i guai di Berlusconi, escort comprese? È successo un ambaradan fino a far traballare un governo che io non ho votato ma che è stato scelto dalla maggioranza degli italiani. Vi ricordate lo scandalo Unipol, quella telefonata con la tragica frase Abbiamo una banca? Sono stati costruiti servizi e commenti per settimane e settimane. Ora invece tutto tace. Eppure siamo di fronte alla più grande truffa ai danni dello Stato, se sarà provata, ma nessuno si scandalizza. nessuno si interroga sul rapporti fra Agnelli (e i suoi intellettuali) e il paese. Poi vi chiedete perché vince Berlusconi.

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Voglia di escort...

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14 agosto 2009

Gli "ultraitaliani"

Stavo ancora riflettendo, come molti credo, su questa ultima vicenda Agnelli. Del solito pavido e conformista atteggiamento dei giornali nostrani ho già scritto. Ora riflettevo su un altro punto. Sullo storico sbandierato "amor patrio" di casa Agnelli-Fiat. Hanno sempre cercato di fatto di farci sentire in colpa: comprare una macchina straniera? Peccato mortale! Un'offesa all'Italia intera e al tricolore (peccato solo che i soldi delle auto li incassano loro mica "l'Italia"...). Con un sacco di ingenuotti italiani che ci sono sempre cascati: gente che non si fa problemi a comprare ad esempio mobili svedesi (alla faccia dei tantissimi mobilieri italiani) o polo francesi (alla faccia dell'industria della maglieria italiana) si sente davvero in colpa se si lascia tentare da una macchina non italiana. Come se in tutti i settori industriali che non sono quello delle quattro ruote il problema non si ponesse nemmeno (decenni di martellamento mediatico e oserei dire "culturale" tutto "auto-centrico" hanno davvero lasciato il segno...). E magari chiudendo gli occhi davanti al fatto che la macchina italianissima in realtà è interamente fatta in Polonia (vedi caso Fiat 500, di cui ho già scritto proprio in questo senso). Personalmente ho sempre visto la questione in modo radicalmente opposto, come già spiegato su questo blog: i prodotti si devono vendere perché buoni, non perché si crea un "clima monopolista", altrimenti la qualità finisce per abbassarsi e alla prima vera prova con il mercato globale tutto si rivela un clamoroso boomerang. Comunque torniamo al "nazionalismo" targato Agnelli-Fiat. Ultraitaliani quando c'è da vendere auto, abbiamo detto. Ma ultraitaliani anche quando bisogna ricorrere alla italianissima cassaintegrazione. E poi ultraitaliani quando c'è da chiedere gli aiuti pubblici. Ancora, ultraitaliani quando arriva la crisi e l'azienda registra perdite, che diventano così subito una "questione di Stato" (quando invece ci sono gli utili, beh quelli ovviamente sono "questione privata"...). Ultraitaliani sempre, insomma. Salvo quando c'è da mettere da parte i propri soldini, magari "al riparo" dal Fisco (che è pure lui italiano, italianissimo, ma che nonostante questo stranamente non piace agli ultraitaliani...). In questo caso - è proprio la "lezione" di questi giorni – anche gli ultraitaliani accantonano per un attimo il bandierone tricolore e tutto il relativo armamentario di retorica del made in Italy per fare un saltino in Svizzera. Dove è pieno di italiani che amano così tanto il loro Paese ;-)

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13 agosto 2009

L'evasione NON è uguale per tutti

Dunque, se sarà confermato lo scoop di ieri sera del Tg5, ci sarebbe oltre un miliardo di euro che Gianni Agnelli avrebbe a suo tempo accumulato in Svizzera senza che il Fisco sapesse niente. Se appunto la cosa troverà piena conferma - seguiamo gli eventi con grande attenzione e curiosità ;-) - vedremo se i giornali nostrani che si sono sempre genuflessi davanti all'Avvocato, riverendolo come una sorta di monarca illuminato, saranno pronti a riscrivere la storia. A parlare, nel caso, del re sì, ma degli evasori fiscali. Tre anni fa Valentino Rossi per un contenzioso con il Fisco di circa 45 milioni di euro (se non ricordo male) fu trattato sulle prime pagine dei giornali come un delinquente. In questo caso si parla di oltre 1 miliardo di euro, forse pure quasi 2. Noccioline in proporzione quelle di Valentino. Già, vedremo se sarà in proporzione pure il trattamento riservato dai media. Scommettete che nel caso non sarà così? Vedremo, appunto. Aspettiamo conferme o smentite, aspettiamo i fatti e i numeri definitivi. Solo un'ultima considerazione. Da quando si è aperto il contenzioso per l'eredità dell'Avvocato, hanno subito sostanzialmente cercato di far passare Margherita Agnelli come una sorta di pazza. Beh, ora lei li ha serviti, lor signori della blasonata famiglia. Colpiti e affondati.

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11 agosto 2009

Le "dimenticanze" dei paladini dei lavoratori

Come spesso mi capita, anche sulla vicenda della Innse di Milano condivido in pieno il punto sul suo blog dell'Imprenditore. Per carità, massimo rispetto e massima comprensione per ognuno dei cinquanta dipendenti della Innse che rischia il posto (ogni individuo rappresenta una vita, una storia professionale, una famiglia per cui bisogna assolutamente cercare sempre di capire la situazione di ciascuno), però, detto questo (doveroso), non posso fare a meno di notare quanto i media non perdano occasione per dimostrare la loro tendenza ad usare come si dice due pesi e due misure. Faccio giusto un esempio: perchè i giornali e le tv che danno ora le prime pagine alla vicenda della Innse e dei suoi cinquanta lavoratori hanno dedicato sostanzialmente solo qualche trafiletto l'anno scorso alla decisione di Bernabè di tagliare in Telecom Italia cinquemila dipendenti? Nel caso Innse cinquanta posti a rischio, in Telecom cinquemila quelli cancellati, eppure che differenza di trattamento da parte dei "coraggiosi" giornali, quelli che quotidianamente rivendicano la loro indipendenza e il loro ruolo di controllo e pungolo del potere. Forse perchè la Innse non ha mai comprato pagine di pubblicità sui quotidiani e soprattutto non ha dietro "poteri forti" ma solo un piccolo imprenditore, uno che per la cronaca rottamava ferro, mentre in Telecom Italia la situazione in questo senso è un po' diversa ;-) Cari giornali, i lavoratori li contate o li pesate in base alla casacca che portano?

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06 agosto 2009

Il miraggio dello squalo

I suoi ultimi numeri non sono proprio roba da Re Mida. Il suo gruppo News Corporation infatti chiude l'ultimo trimestre con una perdita di 203 milioni di dollari e l'intero anno sotto di ben 3,4 miliardi di dollari. E così "the shark", questo come mondialmente noto il "simpatico" soprannome di Rupert Murdoch, tra le altre cose torna su un tema di cui aveva già parlato qualche mese fa. Murdoch vuole far pagare le news online dei suoi siti. Per carità, l'imperatore globale dei media è lui, dunque la sua visione del mercato non può essere certo presa sotto gamba, ma comunque, secondo la mia modestissima opinione, lo squalo rischia in questo senso di prendere una gran cantonata. Va considerato che ormai da anni periodicamente ci sono tentativi da parte degli editori di spostare il tiro per quanto riguarda l'informazione su internet dal modello basato sulla raccolta pubblicitaria a quello della vendita diretta dei contenuti, e ogni volta gli esperimenti in questa direzione si sono rivelati dei grandi flop. Questo vorrà pur dire qualcosa! Secondo me l'unica via percorribile resta quella del "free" e dell'advertising (il cui trend peraltro sembra incoraggiante). Murdoch crede invece nel "pay"? Ci provi allora. E' da qualche mese ormai appunto che ha annunciato questa nuova strategia. Il tempo però passa e i suoi siti restano free. Se ci crede davvero, faccia mettere i siti di informazione del suo gruppo sotto password, non più disponibili liberamente a tutti ma solo a chi paga. Ma lo faccia subito. Se è convinto, perchè perdere tempo prezioso? Metta a pagamento i suoi siti, non qualcuno, tutti. Poi, vedremo. Dopo qualche mese potremo giudicare i relativi numeri (numero abbonati, fatturati...). O forse ancora nicchia perchè ha paura che se si sbaglia rischia di lasciare spazio libero a tutti quei gruppi concorrenti che non hanno intenzione di inseguire il suo stesso miraggio?

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