
Da blogger e da grande appassionato di tutto quello che può essere definito web 2.0, qui nel piccolo del mio blog mi sono sempre schierato dalla parte della libertà della Rete, contro i tentativi di imbavagliamento. Ma, stavolta, a proposito della sentenza di condanna di Google per il video del ragazzo down maltrattato, non ci sto assolutamente a mettermi nel coro di chi urla contro il presunto attacco alla libera informazione online e di chi sostiene analogie con la censura cinese. No, stavolta no. Per me stavolta è tutto completamente diverso. E' tutta un'altra storia. E la libertà della Rete non c'entra nulla. Il filmato incriminato fu caricato a inizio settembre 2006 nella sezione "video divertenti" (!) di Google. Ne fu chiesta la rimozione, ma questa avvenne solo a inizio novembre. Io penso alla famiglia del malcapitato ragazzo: per ben due mesi ha dovuto vedere il maltrattamento del proprio figlio pubblicamente esibito nella sezione "più divertenti" di Google Video. Già, io penso a questo ragazzo down e penso alla sua famiglia. Penso a quei cretini che lo hanno preso di mira e ne hanno fatto un vanto da esibire su internet. Ma penso pure che chi offre una piattaforma di video online deve anche necessariamente essere in grado di attuare in tempi rapidi i necessari controlli. Certo, mica il video lo hanno girato quelli di Google, ma secondo me non possono chiamarsi fuori. Sarebbe accettabile ad esempio che per due mesi rimanessero online filmati che incitano all'odio razziale o con stupri o con atti di pedofilia? No, la risposta è e deve essere no. E, appunto, la libertà della Rete non c'entra nulla con questa storia. Perchè la libertà di chiunque, anche quella "della Rete" deve necessariamente finire (come giustamente si dice da secoli) dove inizia quella degli altri. E, soprattutto, se va contro la dignità e il rispetto anche di una sola persona, allora non è più libertà, ma anarchia. Sì, io penso al ragazzo down e alla sua famiglia, e penso che qui si confonde la libertà (che esiste se ci sono pure regole di civiltà e controlli) con l'anarchia. E che qui ci si dimentica di altri irrinunciabili valori come la giusta difesa dei più deboli. Google semplicemente garantisca i giusti controlli nei giusti tempi. E non tiri in ballo la censura cinese. Perchè chiedere che nessuno tramite un motore di ricerca possa avere informazioni sul Dalai Lama è cosa ben diversa dal chiedere che nessuno tramite una piattaforma video possa vedere lo "spettacolo" di un ragazzo down umiliato e insultato da un branco di vigliacchi!
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