Finanza americana e Belpaese
Qualche tempo fa parlai in più post dei movimenti della grande finanza americana sul mercato italiano. A qualcuno che mi fece notare che in fondo gli americani non hanno mai comprato tante aziende nostrane sottolineai come in certi casi bisogna non guardare solo chi formalmente rileva una compagnia ma anche come sono composte le cordate. La finanza americana (e come sappiamo a volte sarebbe forse meglio dire finanza ebraico-americana...) tende appunto sovente a stare dietro, in secondo piano. Una posizione che però non vuol dire affatto giocare un ruolo marginale: i fondi di private equity americani (questa è la forma, insieme a quella della banca d'affari, in cui si materializza proprio la grande finanza a stelle e strisce) ci mettono i soldi, e chi mette i soldi conta! Vediamo qualche esempio proprio di questo periodo. Tra le tre cordate rimaste in gara per l'Alitalia ce ne è una che vede schierato il potente fondo Texas Pacific Group insieme a Mediobanca. Quando sullo stesso fronte si era fatto avanti De Benedetti, con lui c'erano la Goldman Sachs e il fondo Cerberus. La stessa Goldman Sachs è schierata con Mediaset nella maxi operazione Endemol. In corsa per la maison Valentino ci sarebbe anche il fondo Carlyle. Questi appunto sono solo alcuni esempi recenti dei tantissimi che si potrebbero tirare fuori scorrendo gli ultimi anni di vita economica del nostro Paese. D'altronde proprio nel nostro Paese ci sono molti personaggi di primo piano che hanno lavorato per la grande finanza americana. Prendiamo l'esempio più emblematico, Goldman Sachs: per la potentissima banca d'affari hanno lavorato Mario Draghi, Mario Monti, Claudio Costamagna e pure Prodi, come consulente. Chi lavorò a suo tempo al dossier della privatizzazione di Telecom Italia? Goldman. E nella vicenda Parmalat non si è forse molto parlato del ruolo di Bank of America? Insomma, c'è ancora davvero qualcuno che pensa che la finanza statunitense non si muova in forze pure qui da noi?
pubblicato da Steve Trader
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